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A review by e_woodhouse
The Old Curiosity Shop by Charles Dickens
2.0
Finora il libro più brutto di Dickens è stato A Tale of Two Cities, ma mi sento di premiare The Old Curiosity Shop con il voto più basso perché l'altro, almeno, aveva la decenza di essere corto.
Questo è un Dickens annacquato, un Dickens che probabilmente quando si è seduto alla scrivania non aveva assolutamente niente da dire, perché questo libro è vuoto, non c'è trama, non ci sono personaggi degni di questo nome (tantomeno quella poveraccia della protagonista, se delle sue sventure me ne fosse fregato qualcosa probabilmente questo finale mi avrebbe fatto lanciare il tomone dalla finestra, but alas), e quelli che ci sono paiono caratterizzati in modo ancora più manicheo del solito (specialmente il villain della situazione assolutamente privo di alcuna ragione di agire come agisce, però non facciamoci mancare la deformità fisica che corrisponde alla bruttezza morale), alcuni persino scompaiono nel nulla dopo poche pagine; non c'è nemmeno un prologo decente che faccia capire come o perché i due protagonisti sono arrivati alla situazione in cui si trovano e che scatena l'azione (azione per modo di dire); c'è la questione del gioco d'azzardo che non viene approfondita minimamente, nemmeno nello spiegone finale che non potevamo farci mancare; la soluzione ad ogni nodo viene fornita nel modo più facilone possibile (e sì che uno leggendo Dickens è abituato a grandi benefattori che compaiono dal nulla, morti convenienti, fortune che si fanno o si disfano a seconda della necessità del momento); ci sono solo 540 pagine di niente, con scenette slegate che non hanno fatto altro che rendermi sempre più frustrata mentre proseguivo con la lettura.
Il solo elemento vagamente positivo è Richard Swiveller, che però, pur essendo simpatico e l'unico personaggio con un arc semidecente, non ha un ruolo abbastanza importante nella storia perché possa salvare questo romanzo, anzi, per quel che serve gli viene dato uno spazio anche eccessivo, come in realtà viene dato a tutti i personaggi minori, proprio perché Dickens non aveva una trama vera in mente quando stava scrivendo, ma in qualche modo queste millemila pagine le doveva riempire.
Questo è un Dickens annacquato, un Dickens che probabilmente quando si è seduto alla scrivania non aveva assolutamente niente da dire, perché questo libro è vuoto, non c'è trama, non ci sono personaggi degni di questo nome (tantomeno quella poveraccia della protagonista, se delle sue sventure me ne fosse fregato qualcosa probabilmente questo finale mi avrebbe fatto lanciare il tomone dalla finestra, but alas), e quelli che ci sono paiono caratterizzati in modo ancora più manicheo del solito (specialmente il villain della situazione assolutamente privo di alcuna ragione di agire come agisce, però non facciamoci mancare la deformità fisica che corrisponde alla bruttezza morale), alcuni persino scompaiono nel nulla dopo poche pagine; non c'è nemmeno un prologo decente che faccia capire come o perché i due protagonisti sono arrivati alla situazione in cui si trovano e che scatena l'azione (azione per modo di dire); c'è la questione del gioco d'azzardo che non viene approfondita minimamente, nemmeno nello spiegone finale che non potevamo farci mancare; la soluzione ad ogni nodo viene fornita nel modo più facilone possibile (e sì che uno leggendo Dickens è abituato a grandi benefattori che compaiono dal nulla, morti convenienti, fortune che si fanno o si disfano a seconda della necessità del momento); ci sono solo 540 pagine di niente, con scenette slegate che non hanno fatto altro che rendermi sempre più frustrata mentre proseguivo con la lettura.
Il solo elemento vagamente positivo è Richard Swiveller, che però, pur essendo simpatico e l'unico personaggio con un arc semidecente, non ha un ruolo abbastanza importante nella storia perché possa salvare questo romanzo, anzi, per quel che serve gli viene dato uno spazio anche eccessivo, come in realtà viene dato a tutti i personaggi minori, proprio perché Dickens non aveva una trama vera in mente quando stava scrivendo, ma in qualche modo queste millemila pagine le doveva riempire.