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The Mother by Grazia Deledda

mai2725's review against another edition

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5.0

What a tragedy
This is one of the most painful novels
A lot of pain a lot of regrets and a lot of thins
It shows the strength of his mother and how could she fought so hard to save him from himself
And then the sad end when she just couldn't handle watching the pain of her son.
this is really sad.

gaiawho's review against another edition

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4.0

Nei nomi dei personaggi c'è già tutto.
Innanzitutto c’è Maria Maddalena, la madre che dà il titolo al romanzo. Sposatasi giovane con uno zio che la lasciò presto vedova e sola con Paulo, la donna è stata “per vent'anni serva e ha resistito ad ogni stimolo di vita, privandosi dell'amore e del pane per tirar su bene il suo povero ragazzo”. La Maria Maddalena del Vangelo è la patrona dei penitenti; la madre dice che “Nulla aveva fatto di male, lei, se non forse qualche volta col pensiero”. E in effetti nella sua vita non ha che subìto: è stato lo zio, che la baciava di nascosto quando veniva al suo mulino, a chiedere di sposarla; dal loro rapporto è nato suo figlio; e ogni sua azione successiva è stata guidata dal desiderio per il bene e il successo del ragazzo. Prova sincero affetto per Paulo ma ha proiettato su di lui ogni suo volere: lei è una donna, “preda e non cacciatore”, mentre Paulo è un uomo, può agire e non subire, può raggiungere obiettivi per lei inimmaginabili e irraggiungibili, diventare “Cristo e re” della parrocchia, essere il simbolo del suo “diventare padrona dove prima era stata serva”.
Per il destino del figlio la donna ha compiuto grandi sacrifici: ha resistito, dice, a ogni tentazione, ha fatto la sguattera in seminario, è stata ineccepibilmente pia e devota. Nonostante il suo attaccamento alla fede, alle illusioni leopardiane che le permettono di andare avanti e la spingono a contrastare l’amore di Paulo, cova dei dubbi. Le incertezze che nega e reprime costantemente assumono la forma di un fantasma che le appare in sogno: quello del vecchio prete demoniaco che aveva maledetto il paese e chiunque lo avesse succeduto come parroco. Quell’uomo corrotto e peccaminoso era divenuto il capro espiatorio dell’intero paese in vita ed è quello di Maria da morto: dice tutto quello che lei ha paura di pensare, è l’ombra che le sussurra verità scomode. “Dio ci ha messo al mondo per godere; ci fa soffrire per castigarci di non aver saputo godere, questo sì, idiota d'una donna”. Dopo questa apparizione in effetti la madre comincia a porsi da sé domande: “Perché”, si chiede, “Paulo non ha potuto amare una donna? Perché i preti non possono sposarsi?”. Il ruolo preciso e definito che il figlio ha assunto non le sembra più così solido, mostra delle crepe nella facciata, come la sua fede in un certo ordine sociale. E il ruolo in cui lei stessa si è relegata, quello di “madre del parroco”, sicuramente figura importante e rispettabile, le è ora stretto, è un peso. Non può certamente parlare dei suoi dubbi, come non può Paulo, e infatti i due evitano quanto più possibile di restare soli insieme, temono il silenzio. Quando il giovane Antioco dice che è assurdo permettere ai preti di sposarsi, anche perché la moglie non avrebbe nessuno con cui confessarsi, lei ribatte: “E la madre, allora? Con chi vado a confessarmi, io?”.
Don Paulo porta il nome scelto dal feroce Saul dopo la sua folgorazione sulla via di Damasco, che deriva dal latino “paulus”, “piccolo, poco”; si tratta dunque di un nome fittizio, simbolo di una missione e di un intento, un destino scelto personalmente che però al personaggio è stato imposto. Il suo nome è come la sua veste, una seconda pelle che dovrebbe essere parte integrante della sua identità ma che viene vista, sia dalla madre sia da Paulo stesso, come esterna a lui, un'appendice, un suo doppio: “Una veste di lui stava buttata lunga distesa per terra come un'ombra: l'ombra di lui caduto”, “Ed ecco le sue vesti pendono dall'attaccapanni, più nere della loro ombra sulla parete. [...] E tutto quel fantasma scuro e vuoto, come spolpato e dissanguato da un vampiro, gli destava quasi paura”.
Il tema del doppio ritorna spesso nel romanzo, e Paulo in particolare si trova spesso a doversi confrontare con il suo riflesso: sia l’immagine che compare al suo specchio - oggetto che un prete non dovrebbe avere, la cui presenza è dunque già in sé simbolo di infrazione, di una seconda identità - sia quegli elementi di sé che ritrova nei personaggi che abitano il paese.
Il doppio, i vampiri, temi della tradizione gotica: non a caso, il Dracula di Bram Stoker non può vedersi allo specchio; sono esseri senza ombra perché sono ombra, intrappolati in questo mondo ma non parte di esso, parassiti che rubano la linfa vitale, e Paulo si sente proprio vittima di questi demoni, anch’esso un morto vivente.
Uno dei doppi di sé che incontra è il giovane Antioco, il sagrista, il cui nome potrebbe aver origine dal greco Antiochos, composto da “anti-”, "di contro", e “-ochos” - da échein, "tenere" - , con il significato di "che si tiene ben saldo, costante, risoluto". In effetti Antioco è deciso a diventare prete; vede in Paulo tutto ciò che vorrebbe essere e lo segue come un'ombra: nella sua mente è una figura divina e infallibile, al di sopra degli altri. E così, in fondo, vorrebbe essere lui, dietro la cui devozione si nasconde una sfumatura di arroganza e di desiderio di rivalsa: “Antioco rideva, con gli occhi e i denti scintillanti nel viso bruno: ma c'era qualche cosa di crudele nel suo riso”. Il prete sa di avere l’anima del ragazzo fra le mani, ed è spaventato da questa consapevolezza come è intimidito dalla risolutezza da adulto di quel ragazzino che sembra già più prete di lui. I suoi pensieri durante il dialogo con la madre di Antioco riassumono perfettamente il rapporto fra i due personaggi: “Come poteva risolvere il problema dell'avvenire di Antioco se non riusciva a risolvere neppure il suo? Il ragazzo era lì, davanti a lui, teso ardente come il ferro infocato che aspetta il colpo del martello [...] Ed egli lo guardò quasi con invidia: e in fondo alla sua coscienza approvò quella madre che lasciava libero il figlio di abbandonarsi al suo istinto.”
Durante la giornata che passa facendo di tutto pur di non pensare ad Agnese e alla tentazione a cui deve resistere, Paulo incontra anche Re Nicodemo, il vecchio cacciatore che gli ha confessato di “fuggire la compagnia degli uomini perché essi ‘sono il male stesso’. E gli uomini per scherno lo chiamavano Re, come Cristo i Giudei”. Nel Vangelo Nicodemo era un fariseo, discepolo di Gesù in segreto; un personaggio in fuga, come lo è questo Re, che scappa dalla casa della nipote pur di morire sul suo altipiano, lontano dal paese. Il prete lo ammira per questo: “Così si muore. Quest'uomo è fuggito dagli uomini perché aveva paura di uccidere, di peccare troppo. Eccolo qui, adesso, pietra fra le pietre”. Paulo invoca più volte la morte, vedendola come una fuga dal conflitto interiore che lo dilania, e però vede come una morte in vita la prospettiva di un’esistenza senza Agnese: “La pietra del sepolcro era al suo posto: ah, come gli pesava sulla nuca! Però, com'egli si sentiva vivo, sepolto sotto quella pietra!”. Si sente diviso fra due mondi. E non riesce davvero ad abbandonare la vita come Nicodemo, “vita” intesa come quegli impulsi naturali di cui non può o non vuole liberarsi: “Allora si scosse. Ah, non era morto, come credeva. La vita gli batteva dentro, gli si svegliava forte e tenace come l'aquila fra le pietre”. Il prete viene spesso assimilato a un uccello: la madre lo vede con le vesti al vento come “un uccello nero”, quando torna a casa ed è colpito dal dubbio “[...] si sentiva sbattere alle spalle l'ala nera del suo mantello: e per alcuni momenti stette così come un avvoltoio inchiodato vivo alla porta”. L’istinto di Paulo è quello di volare via, ma sua madre non è come quella di Antioco e lui non è più un ragazzo.
Un’altra figura che sotto alcuni punti di vista può essere intesa come un doppio del prete è proprio la sua amata Agnese - nome che significa, quasi ironicamente, “pura”. La stessa madre riconosce in lei il figlio - “E quegli occhi, e quel modo di rivelare con impeto di sincerità ma poi subito di nascondere la propria anima, rassomigliavano straordinariamente a quelli del suo Paulo” - e quando il prete pensa a lei la associa, ancora una volta, a un suo riflesso - “L’'immagine della donna gli stava dentro come la sua nello specchio; egli poteva rompersi in mille pezzi: ogni pezzo l'avrebbe conservata intera”. Anche Agnese porta sulle spalle il peso di un ruolo: è membro di una famiglia illustre, accoglie sempre l’amante in una stanza piena di ritratti di antenati che sembrano osservarli dalle loro cornici; e nella sua grande casa è rimasta solo lei, la figlia di un eretico. “Ella era nata e cresciuta fra queste leggende, in un'atmosfera di grandezza che la separava dal piccolo popolo di Aar, pur lasciandola in mezzo ad esso, chiusa in esso come la perla entro la rozza conchiglia”.
Come Paulo si ritrova senza volerlo su un altro piano rispetto al resto del paese, e “la solitudine che li premeva attorno li spingeva l'uno verso l'altro”.
Proprio questo suo sentirsi padrona anche del paese e del luogo sacro “le rendeva più insopportabile la presenza dell'uomo ch'era stato suo pari nel peccato”, e dunque Agnese pensa di denunciarlo di fronte a tutti. Tuttavia, come si chiede più volte: “Come poteva accusarsi al suo popolo?”. Alla fine non riesce a completare il suo proposito. Come vittima di un incantesimo, completa la messa, il rituale, con i movimenti meccanici che conosce così bene, e se ne va di nuovo perfettamente inserita nel ruolo che deve interpretare di fronte ai paesani: “la loro padrona, il loro simbolo di bellezza e di fede; tanto lontana da loro eppure in mezzo a loro e alla loro miseria come la rosa canina in mezzo al rovo.”
La donna avrà comunque una sorta di vendetta: la madre, sconvolta da tensione e angoscia, muore. Spira in silenzio, in maniera quasi anticlimatica. È Agnese a vederla per prima: “Nel sollevarsi [la serva] vide il viso pallidissimo di Agnese rivolto verso l'angolo della chiesa ov'era la madre del prete: e questa che stava immobile”. Sembra quasi che lo sguardo della giovane l’abbia fulminata. E in effetti è il volto di lei che Paulo cerca nella folla quando prende fra le braccia il corpo della madre, come sapendo da dove è venuto il colpo. Per il prete è una punizione, ma anche, in un certo senso, una liberazione. “S'era un po' vergognato di sua madre, perché serva, perché di quel paesetto di semplici. [...] Più s'era irragionevolmente vergognato della sua origine, più se n'era poi gloriato, di fronte a sé stesso e di fronte a Dio, scegliendo per soggiorno il miserabile paesetto, e sottoponendosi a sua madre, rispettandone i voleri più umili e le abitudini più meschine”. Senza l’indirizzamento di Maria Maddalena, che vede nel corso della sua vita come carceriere e coscienza, il suo Dio e la sua vergogna insieme, che cosa sceglierà di fare?
Vi è un altro, imponente personaggio in questo romanzo: il paese di Aar stesso.
L’ambiente in cui si svolge la vicenda è infatti spesso descritto come una creatura a sé, un luogo posseduto da “demoni” come quelli che sembrano abitare il corpo della piccola Nina Masia. La vecchia casa della famiglia di Agnese, il prato che attraversano i personaggi per recarvisi, le stradine del paese, le luci delle lucerne che creano ombre lunghe e misteriose, i passi appena udibili del prete fantasma, i già citati vampiri… Sono tutti elementi che ricordano il romanzo gotico. Aar, come gli ambienti di quella tradizione, pare essere maledetto: per anni è stato senza parroco, un luogo lontano da Dio; e dopo il regno del prete-diavolo, i paesani sentenziano che “malanno incoglierà al nuovo parroco perché lo spirito dell'altro regna ancora nella parrocchia”. L’intera vicenda del romanzo può essere letta come la realizzazione di questa maledizione, e i personaggi vittime di un fato a cui è impossibile sfuggire, protagonisti di una tragedia già scritta. Come già scritto, i personaggi sono effettivamente vittime dei ruoli che si vedono costretti a interpretare.
Maria Maddalena, lo dice già il titolo del romanzo, è madre e null’altro, ha rinunciato a tutto il resto della sua identità.
Paulo capisce durante la narrazione di essere più attore che persona ormai: quando finge di esorcizzare Nina Masia sente il vuoto nelle sue parole, comprende di star eseguendo un rituale senza vero significato, e si sente un ingannatore; ma ha un intero pubblico di fronte, cieco a quelle parti di lui che non rientrano in ciò che per loro “deve” essere - “Lei si è pentito? No”, dice Antioco a un Paulo divorato dal rimorso, “Così non mi pentirò io”. La stessa madre lo ha costretto nel ruolo di Cristo e re del paese, il corteo che lo ha accolto al suo arrivo già prima di vederlo lo chiamava “santo”, e quando ritorna dall’altipiano trova fuochi, vino e festa per un miracolo che non ha compiuto. “Una voce però gli saliva dalla coscienza: ‘È la loro fede che festeggiano: festeggiano Dio in te. Tu non hai diritto di metterti con la tua miseria fra loro e Dio’”. Diventando prete Paulo ha effettivamente rinunciato anche alla sua persona, come Maria Maddalena: per i paesani, per Antioco, anche per la madre, non è un uomo con impulsi e passioni, è divenuto il tramite fra il misero paese e Dio nel momento in cui vi è entrato. “Ricordava il suo arrivo al paesetto, anni avanti; la madre che lo seguiva trepida come si segue un bimbo che fa i primi passi. ‘E io sono caduto davanti a lei... E lei crede di avermi rialzato, ma sono ferito a morte. Dio mio, Dio mio…’”.
Come Agnese non può sottrarsi al suo ruolo di simbolo di ricchezza e purezza, il ruolo che porta scritto nel suo nome, anche lui non rinuncia a interpretare la sua parte e mantiene sepolta dentro di sé la verità che ha scorto: “Paulo prese il bicchiere e lo accostò subito alle labbra: sotto però i denti gli tremavano, e il vino rosseggiante al riflesso del fuoco gli parve sangue.”
La religione in questo paese è quella di questi riti: non ci sono persone, ma santi e demoni. I canti intonati in chiesa sono “primitivi e monotoni, antichi come le prime preghiere degli uomini nelle foreste appena abitate”, come primordiali sono gli impulsi che sia alimentano sia minacciano continuamente la solidità della società dei personaggi.
Durante il loro ingresso ad Aar, la madre ricorda che lei e Paulo erano stati accolti da un forte vento: questo viene più volte assimilato allo spettro del vecchio prete, al diavolo in persona… comunque a un elemento più che naturale, incontrollabile, inarrestabile. Il vento invade ogni ambiente, si infila sotto le vesti e dentro le case, come le passioni dei personaggi che filtrano fra le crepe delle loro maschere. La scrittrice spinge i personaggi e il lettore a fare i conti con questi impulsi, sempre presenti, come gli spettri del paese, anche se repressi. Non c’è però catarsi, non si trova un liberatorio distacco: la vicenda tragica non si scioglie, non c’è spiegazione razionale; la morte finale rimane, in un certo senso, un evento misterioso e quasi soprannaturale. Resta la pietas dell’autrice: lei e i lettori provano compassione per i personaggi e le loro fragilità, schiacciati dal peso del loro destino.
Il vento è il vero spirito del paese stesso, un luogo che dopo le vicende del romanzo sarà sicuramente infestato da un fantasma in più: quello della madre di Paulo.

evbr's review against another edition

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dark mysterious tense slow-paced
  • Plot- or character-driven? Character
  • Strong character development? It's complicated
  • Loveable characters? No
  • Diverse cast of characters? No
  • Flaws of characters a main focus? Yes

3.0

nguyen_vy's review against another edition

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challenging dark emotional reflective sad tense fast-paced
  • Plot- or character-driven? A mix
  • Strong character development? Yes
  • Loveable characters? It's complicated
  • Diverse cast of characters? Yes
  • Flaws of characters a main focus? Yes

4.0

anatomyofasong's review against another edition

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1.0

boh, alla fine ho letto la trama

danifigo's review against another edition

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dark emotional mysterious sad fast-paced
  • Plot- or character-driven? Character
  • Strong character development? Yes
  • Loveable characters? N/A
  • Diverse cast of characters? N/A
  • Flaws of characters a main focus? Yes

4.0

annaira_c's review against another edition

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slow-paced

4.0

thesara99's review against another edition

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reflective tense medium-paced

2.75

magixsdream's review against another edition

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reflective slow-paced

1.5

jtloong's review against another edition

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4.0

https://joshualoong.wordpress.com/2017/03/20/review-the-mother/

Early last year I embarked on a quest to read more books authored by women to balance out skewed gender ratio of what I’ve been reading. This journey, which I finally completed recently by reaching gender parity, has revealed to me some amazing works by women that may not be that well known. This is one of those remarkable books.

The Mother is an Italian novel by Grazia Deledda, who was the second woman to win the Nobel Prize in Literature in 1926. It follows a woman and her son, who is a priest, who move to the small village town of Arra on the remote Italian island of Sardinia. The village exists at the boundary between established religion and rural superstition. Where people believe in the Catholic teachings brought by the priest and his parish, but also live with village superstition and pagan beliefs. There are even stories of the previous priest, who’s soul still haunts the little parish.

Despite these challenges, the mother and her son move in. Determined to change this town into a proper god-fearing one. Everything works well until the son, Paul, begins to be misled by a lonely woman named Agnes, breaking his priestly vows. The night the mother learns of their relationship, she is visited by the wicked ghost of the previous priest, warning her to leave the town or else face dire consequences.

The resulting story is one that I incredibly enjoyed. The characters and their mental anguish felt so incredibly real, despite the slight magical realism of the story plot. The novel concerns itself with the conflict of forces: Catholicism versus rural paganism, the temptation of love versus the vows of priesthood, the mothers love for her son’s freedom versus concern for her son’s soul. It is an amazingly vivid novel that paints this little Italian island and its villagers in realistic colours.

Here is a quote from the novel I particularly enjoyd:

"She raised her face to his, her trembling lips, her lashes wet with tears. And his eyes were dazzled as by the glitter of deep waters, a glitter that blinds and beckons, and the face he gazed into was not the face of Agnes, nor the face of any woman on this earth, -it was the face of Love itself. And he fell forward into her arms and kissed her upon the mouth."

This really shows Paul’s struggle with temptation. This woman, Agnes, becomes so much more than just a woman. She is the embodiment of Love, an aspect of life that is forbidden for Catholic priests to bear. It blinds and beckons to him all at the same time. He is caught in the struggle within himself to heed his priestly vows, or submit into his tortured love. The novel is beautiful in this way by showing the mothers and the sons internal struggles so very well.

The stories fantastical elements lent itself to the story very real I felt. It really showed the struggle between superstitious belief and established religion that was going on at the time when Deledda wrote the novel. The author is actually from this island, Sardinia, so I’m she experienced this struggle first hand. The novel features ghosts and apparitions, but nothing that feels super fantastical. The Mother would fit squarely in the magical realism genre.

I rated the novel a strong 8/10. I was actually so engrossed in it that I read it from start to finish in one day. I would definitely recommend the book if you enjoy magical realism or anything with beautifully real characters that seem to leap out of the page.